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Il Centesimino: vitigno autoctono a Oriolo dei Fichi.

Oriolo dei Fichi e il CentesiminoOriolo dei Fichi è un piccolo nucleo storico situato in prossimità di Faenza, sui primi contrafforti dell’Appennino romagnolo. In questo borgo molto piccolo ma di indubbio fascino si trova la chiesa di Sant’Apollinare e poco distante c’è la Torre di Oriolo, costruita nel 1476. Il Centesimino: Vitigno a bacca nera autoctono semiaromatico.È un antico vitigno romagnolo salvato dall’estinzione. Le sue origini risalgono al XVII secolo. Nei primi anni del XX secolo questo vitigno era già conosciuto come Savignon Rosso o Sauvignon Rosso per le sue caratteristiche aromatiche e la sua forza, che richiamava quella del Sauvignon Blanc o del francese Sauvignon Rouge. La storia narra che negli anni ‘40, Pietro Pianori (soprannominato “Centesimino” per la sua particolare parsimonia) da cui fu dato il nome al vitigno, scoprì una vite spontanea che cresceva all’interno del cortile di una casa padronale proprio nel centro storico di Faenza. Il giardino era circondato da alte mura e, grazie a queste, la vite riuscì a salvarsi dal duro attacco della filossera, un insetto che all’epoca aveva decimato la maggior parte delle viti italiane. Successivamente, a diffondere il Centesimino nelle campagne circostanti la Torre di Oriolo, fu l’impegno del parroco Don Antonio Baldassari, persona lungimirante e portavoce per la salvaguardia di questo vitigno. Non ci volle molto per capire che da quel vitigno si sarebbero ottenuti buoni vini. Proporzionalmente aumentò l’interesse tra i vari viticoltori della zona, i quali iniziarono a effettuare una serie di valutazioni finalizzate alla sua specifica caratterizzazione. Nel 1995 viene fondata l’Associazione Torre di Oriolo con il preciso scopo di valorizzare il vitigno e il suo territorio nonché per rendere fruibile la Torre al pubblico. L’iscrizione del vitigno al catasto vitivinicolo è avvenuta solo nel 2003. Attualmente sono otto le aziende produttrici di Centesimino per un totale di circa 45.000 bottiglie l’anno. Nel 2004 il Centesimino è stato incluso nel Registro Nazionale delle varietà di viti e si coltiva esclusivamente nelle colline comprese tra Ravenna e Forlì-Cesena, Faenza e la zona di Oriolo dei Fichi. ESIGENZE AMBIENTALI E CULTURALI (Caratteri peculiari del Centesimino)È da notare che il Centesimino, nonostante venga coltivato nelle stesse terre del Sangiovese e lavorato in uguale sistema, presenta una vitalità inferiore rispetto a quest’ultimo, per il semplice motivo che se ne produce di meno. Le gemme basali hanno minore fertilità e la dimensione del grappolo di conseguenza è ridotta. Il suo germogliamento è posticipato rispetto a quello degli altri vitigni; da questa caratteristica consegue un vantaggio, perché consente al frutto di non subire gelate tardive. È sensibile al fungo della peronospora che porta al disseccamento della foglia, mentre non è particolarmente sensibile ai marciumi. La buona tolleranza all’appassimento sulle piante, permette di posticipare la raccolta e di produrre interessanti vini passiti che si traducono in bicchieri di ottima finezza ed eleganza. Una delle aziende storiche che coltivano il Centesimino è La Sabbiona.Fondata nel 1970 da Quinto Altini e suo figlio Sebastiano, inizialmente era solo un’azienda di 7 ettari, di cui 5 a vigna. Negli anni ‘90 anche Mauro, figlio di Sebastiano Altini, dopo aver conseguito il diploma come agrotecnico decide di lavorare in azienda mettendo in pratica le sue capacità. Il 1998 segna una svolta. L’azienda inizia l’imbottigliamento del proprio vino che, prima di allora, veniva venduto sfuso. Oggi l’ampiezza del terreno ha raggiunto i 28 ettari, di cui 16 a vigna mentre il resto viene adibito alle culture di farro e albicocche. VISITA IN VIGNAMi trovo con Mauro Altini tra i filari di vigna del Centesimino. Come si può osservare dalla foto, scattata nel mese di luglio, il grappolo è nella fase dell’invaiatura, per cui risulta ancora chiaro non avendo ancora raggiunto la fase della pigmentazione. CARATTERISTICHE AMPELOGRAFICHE.Osservando la foglia del Centesimino, trovo che abbia una dimensione abbastanza grande, a forma pentagonale e, in superficie il colore è verde scuro. Mauro mi fa notare che il grappolo quando raggiunge la maturazione ha dimensione medio-piccole e una forma a piramide. Gli acini hanno una forma sferica e sono mediamente grossi. La buccia assume un aspetto leggermente pruinoso che le dona un aspetto ceroso biancastro, il colore è tendente al blu-nero. Mauro ha deciso di adibire 4 ettari delle sue vigne per il Centesimino. Si pone attenzione a tutti i passaggi: dalla raccolta manuale, a una rigorosa gestione per la lavorazione in cantina. Dal Centesimino la cantina ottiene tre prodotti:quello più semplice, con solo il passaggio in acciaio, rappresenta il fiore all’occhiello dell’azienda in quanto rispecchia appieno le caratteristiche del vitigno, senza alterazioni organolettiche; il secondo (chiamato “Rifugio”) è un Centesimino con passaggio in barrique. Il motivo di questo nome deriva dal fatto che è prodotto dalla vigna più antica, situata in prossimità dell’ingresso di un rifugio della seconda guerra mondiale; il terzo vino è il Centesimino passito. La raccolta delle uve (per questo vino) avviene i primi di settembre. Le uve vengono sistemate in apposite casettine per l’appassimento (in un locale areato naturalmente), per una durata di 40/50 giorni. Successivamente si procede alla pigiatura e alla fermentazione per 10 giorni. C’è il passaggio in acciaio con le bucce, poi queste si separano e finisce la fermentazione in barrique per 12 mesi. Dal 2007 l’azienda ha iniziato a produrre il Famoso, vitigno bianco autoctono semi-aromatico e, dal 2009 l’Albana, secco bianco. Questi vini rappresentano il cuore pulsante dell’azienda CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE. (Centesimino e abbinamento)Il Centesimino che assaggio oggi si può classificare come vinoso, secco e di pronta beva: presenta nel calice un colore rubino vivace e intenso con sfumature violacee, lievemente trasparente e poco consistente. Il solo passaggio in acciaio ha consentito di mantenere intatte le caratteristiche di un vino semi aromatico. Al naso sono netti i sentori sia dei fruttati quali more, lamponi, fragole di bosco e ciliegie, sia floreali di viola e fiori d’arancio. Al palato si percepisce una buona acidità che gli dona la giusta freschezza. Si ritrovano piacevolmente i frutti di bosco e la viola. La struttura è notevole e di egual misura la persistenza gustativa mentre il retrogusto amarognolo pulisce

Il Formaggio di Fossa messo in buca

Il Formaggio di Fossa messo in buca Gusto ineguagliabile, profumo intenso, il formaggio di Fossa messo in buca cattura ed emoziona! Oggi mi trovo nella mia Romagna, più precisamente a Sogliano al Rubicone, un piccolo comune nell’entroterra romagnolo ai confini meridionali della provincia di Forlì-Cesena. Il suo territorio occupa una vasta zona compresa fra la media vallata del fiume Savio ad ovest, le sorgenti dello storico fiume Rubicone a nord e l’alto corso del fiume Uso a sud-est. Vicinissimo a Sogliano parte un percorso segnalato che consente di raggiungere le sorgenti del fiume Rubicone: proprio in questo luogo nel gennaio del 49 a.C. ci fu l’attraversamento da parte di Giulio Cesare alla guida di un esercito forte di cinquemila uomini e trecento cavalli, al grido di “alea iacta est!”: un episodio epocale, che segnò la storia di Roma e del mondo antico. Questo paese è noto fin dal Medio Evo in quanto qui sono situate le “terre malatestiane” e ricordo che Sogliano è stato sotto il dominio dei Malatesta dal 1278 al 1640. Arrivando a Sogliano al Rubicone la mia visita si focalizza su quella che è la più antica fossa della famiglia Pellegrini, nel cuore del centro storico d’epoca malatestiana (1200 – 1400). L’azienda divenuta proprietaria dal 1983, ha mantenuto la tradizione secolare ed è dislocata in due unità storiche; la prima dove mi accoglie il sig. Mario, uno dei proprietari, è la zona predisposta per la degustazione e successiva vendita del formaggio di fossa, con annessa la più grande Fossa di stagionatura. Vengono preparati con cura ed attenzione assaggi dei loro formaggi abbinati a miele, confetture di fragoline di bosco, frutti di bosco e fichi caramellati, passito di Romagna e ciambella fatta in casa. Quest’area rimane aperta al pubblico tutto l’anno per accogliere soprattutto le guide turistiche con gruppi di turisti stranieri. Nel percorso, durante l’assaggio, viene illustrata e documentata la storia, la cultura e la produzione di questa eccellenza della nostra terra. Tradizione secolare, lavorazione unica e particolare, originale prodotto caseario: il Formaggio di Fossa Proseguo la visita accompagnata dal Sig. Mario Pellegrini nel secondo immobile, dove sono situate le “fosse” di conservazione del formaggio e dove si trova anche il museo. Il museo conserva reperti storici per il ciclo produttivo del Formaggio di Fossa. Il piccolo museo, censito fra i “Musei del Gusto”, si trova proprio dove un tempo sorgevano le alte mura del castello malatestiano di Sogliano, completamente distrutto e di cui oggi rimangono solamente alcune testimonianze e scarsi ruderi: il castello infatti fu demolito a furor di popolo alla caduta degli stessi Malatesta. La filosofia "Pellegrini" intatta nei secoli Antri tufacei a forma di fiasco scavati nella roccia arenaria La loro filosofia comprende scelte mirate e, oltre a mantenere i metodi di stagionatura secondo tradizione, partono dal presupposto fondamentale di una scelta iniziale di qualità dei vari produttori locali di formaggi vaccini, pecorini, misti pecorini e caprini (il formaggio di capra non è menzionato nel disciplinare della Dop ma è stagionato in Fossa dedicate, assieme ad altri ottimi formaggi prodotti in zone al di fuori della DOP con il nome “Tesori Sepolti delle Terre Malatestiane”, per conservare la tradizione di infossare qualsiasi ottimo formaggio, distinguendolo da quello DOP). Il formaggio di Fossa può essere annoverato fra i pochi prodotti caseari italiani tutelati con il marchio DOP Fase di lavorazione Come si ottiene il Fossa Il formaggio di Fossa viene ottenuto attraverso la fermentazione delle forme dentro sacchi di tela posizionate nella fossa di stagionatura: un ambiente sotterraneo, scavato nel tufo e a forma di fiasco profondo circa 4/7 metri per 2 di diametro, risalente al periodo medievale. L’usanza di “seppellire” il formaggio è stata tramandata nei secoli ed è parte integrante delle tradizioni contadine del luogo; probabilmente l’origine di questa pratica è legata alla necessità di nascondere il formaggio dalle incursioni nemiche e di conservarlo. La fossa viene aperta ogni anno, ai primi di Agosto; i contadini, commercianti o semplici privati hanno tempo sino al quindici di Agosto per portare i loro formaggi a maturare nella fossa e chiunque voglia può fare un tuffo nel passato! I proprietari di questa, rilasciano una ricevuta dell’avvenuto deposito che dovrà essere esibita al momento del ritiro. Il formaggio di fossa deve essere chiuso preventivamente in sacchetti di tela preferibilmente bianca ove i proprietari appongono il numero di riconoscimento di ogni conferente. Il rito della preparazione Il rito della preparazione della fossa avviene qualche giorno prima dell’infossatura, quando personale esperto comincia a bruciare paglia all’interno della fossa, allo scopo sia di togliere l’umidità accumulata e sia per una sorta di sterilizzazione contro certi germi che potrebbero nuocere durante la fermentazione. Si passa poi al rivestimento delle pareti, per isolare il tufo con uno strato di circa 15 cm di paglia: questa è sostenuta da un’impalcatura di canne verticali legate orizzontalmente da cerchi di legno, e sul fondo vengono sistemate delle tavole di legno. A questo punto la fossa è pronta per ospitare il formaggio. La fossa viene poi chiusa con tavole di legno e sabbia per essere riaperta quasi 3 mesi più tardi (nel mese di novembre per Santa Caterina) a miracolo compiuto: infatti il normale formaggio temporaneamente depositato ad agosto è diventato il FORMAGGIO DI FOSSA, dal sapore e dalla fragranza inconfondibile, non più paragonabile a quello di partenza e che, a causa della fermentazione anaerobica e della sgrassatura, subisce un drastico calo di peso. Solo ora, in mezzo ad odori forti e pungenti, i proprietari posso ritirare il loro sacchetto, pagando un canone per ogni Kg. di formaggio maturato. Analisi organolettica completa del Fossa Il formaggio di fossa è pronto per essere consumato: inizio l’analisi con il Sig. Mario, che mi fa subito notare a livello visivo l’irregolarità delle varie forme, prive di crosta. La pasta presenta una consistenza dura o semidura, compatta ed uniforme: a seconda del formaggio di partenza si può ottenere un colore che varia dal giallo paglierino chiaro o ad un giallo più accentuato. Al naso percepisco quell’inconfondibile profumo pungente che sa rendere

Argiolas

Inverni miti ed estati calde e asciutte, luminosità particolare nell'intero corso dell'anno. Un vitigno particolare e aristocratico come il Carignano. Vini che conquistano con morbidezza straordinaria e personalità esuberante.

Santadi

La Cantina di Santadi è ubicata nel Sulcis, zona sud-occidentale della Sardegna, in linea d’aria a pochi chilometri dalle meravigliose spiagge e dune bianche di Porto Pino. Nata nel 1960, superate le difficoltà dei primi anni con l’arrivo di un nuovo gruppo dirigente, animato da quella determinazione che genera entusiasmo e passione, l’azienda intraprende altre strade e adotta strategie diverse che le danno un nuovo volto con direttive più coerenti per i soci produttori.

Capichera

Viticoltura sarda di qualità, ecco una serie di prodotti di altissimo livello. Una visione aziendale che ama le sfide e che riesce a dimostrare l'eccezionalità del territorio in cui opera.

Contini

La Valle del Tirso è una zona geografica e ricca di contrsti. Un territorio adatto alla coltivazione della Vernaccia, vitigno tradizionale e radicato nella cultura contadina della zona. L'azienda Contini ha sede a cabras, punto di osservazione di numerose specie animali.

Sardus Pater

Un nome suggestivo per evocare il dio dei Sardi nuragici adorato nell'antichità. Un nome che richiama il Carignano, vitingo principe dell'area del Sulcis, che ha trovato il suo habitat privilegiato nelle isole di Sant'Antioco.Terreni sabbiosi e clima ventilato per un'uva resistente e vigorosa.

Giuseppe Sedilesu

Una grande famiglia coinvolta in un grande progetto. In dieci anni la base produttiva è modificata e ampliata, si costruisce una nuova cantina e un piccolo museo aziendale sul vino in uno stabile storico annesso alla struttura di produzione. In questi progetti, il caposaldo rimane il Cannonau.

Sella e Mosca

Ecco il brand che ha fatto conoscere il vino Sardo al mondo. La gamma di prodotti è molto vasta e parte dalle linee base fino a vini di assoluta eccellenza. Gli esempi principali sono Il Marchese di Villamarina, il Thilion e lo storico Tanca Farrà.

Ferruccio Deiana

La viticoltura sarda di domani è qui, a Su Leunaxi, nel cuore del Parteolla e Basso Campidano, dove Ferruccio Deiana ha costruito la sua cantina, tra le sue vigne, per produrre i suoi vini. Un'azienda modernissima, frutto di studi, esperienze, peregrinazioni che hanno portato Ferruccio Deiana in giro per il mondo, a lavorare e collaborare con i migliori e più affermati vitivinicoltori del mondo; incontri che hanno permesso di conoscere tecniche di conduzione delle vigne e metodi di vinificazione particolarmente evoluti e sofisticati.