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Cristo di Campobello. Uomini e terra hanno un’unica vocazione: quella per il vino

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Cristo di Campobello

Uomini e terra hanno un’unica vocazione: quella per il vino

Vignaioli da decenni, nel 2000 i Bonetta decidono di iniziare a creare i propri vini dalle loro vigne. Nasce l’azienda Cristo di Campobello: il successo arriva presto, e non poteva essere altrimenti, con l’esperienza, la dedizione e un territorio così straordinario.

Ogni volta che visito la Sicilia non riesco mai a immaginare il modo nuovo con cui saprà stupirmi. E ogni volta ci riesce. Al punto che parlare di “bellezza” per descrivere questa terra è diventato quasi scontato, riduttivo, inadeguato. È necessario insinuarsi nelle pieghe della lingua per scovare parole ancora dense di significato, adatte a raccontare di uomini e donne, passato e presente, est e ovest di questi luoghi.
Sono in Contrada Cristo, a Campobello di Licata, città affacciata sul Mediterraneo e non lontano dalla Valle dei Templi di Agrigento. E sono qui per lasciarmi inebriare dalla storia di questo luogo, dalle vicende di chi lo abita da secoli e dai vini che qui nascono per essere apprezzati in tutto il mondo. Il nome stesso della contrada è frutto di un episodio che ha del mitologico, se non del mistico. Infatti, un tempo si chiamava Favarotta, ma ha poi preso il nome di contrada “Cristo” grazie a un crocifisso: un Cristo ligneo fatto realizzare più di 200 anni fa in seguito ad una grazia ricevuta da un contadino che lavorava queste terre. Il Cristo di Campobello da sempre è stato meta di fedeli che vengono qui a pregare o lasciare un fiore e ogni anno, il 3 maggio, viene organizzato un lungo pellegrinaggio di devoti che, attraversando le campagne e i vigneti, arrivano fino ai piedi del Cristo.
A pochi metri sorge il Baglio, il vecchio palmento, attorniato da filari di vigne che decorano queste colline.

L'azienda

A un’altitudine media di circa 260 metri sul livello del mare, dolci promontori a perdita d’occhio ospitano le vigne dell’azienda intervallate da macchie verdi di ulivi secolari. Dopo decenni trascorsi a coltivare vendemmie, nel 2000 prende vita l’idea del Cristo di Campobello, grazie alla consapevolezza della famiglia Bonetta delle grandi potenzialità della propria terra e delle proprie uve. Per descrivere le caratteristiche del territorio, meglio affidarsi alle parole dell’azienda, da cui traspaiono attenzione, perizia e passione.

“Trentacinque ettari di vigna della Sicilia agrigentina, organismo unico di dieci microaree, proprietà accorpata di cinquanta ettari a Campobello di Licata. Terreno profondo, misto calcareo e gessoso, di giacitura collinare, tra i 230 e i 270 metri sopra il mare e a 8.000 metri dalla costa. Prevalentemente 5.000 piante per ettaro tutte da primigenio patriarcale della propria terra-madre e tutte vendemmiate a mano, in piccole cassette”.

Il modo in cui poche righe riescono a trasmettere professionalità e amore è indicativo del rispetto e della gratitudine per la terra e per l’uva, con le quali ogni uomo e ogni donna che lavora in questa azienda stabilisce un rapporto personale, intimo e, soprattutto, paritetico: una vera alleanza, quella fra essere umano e terra, requisito ineludibile per creare i vini d’eccellenza che nascono al Cristo di Campobello.

La Cantina e i vini

Ad accompagnarmi nella scoperta delle meraviglie dell’azienda è Irene Muratore, scrigno di racconti e aneddoti sulla famiglia e la Cantina. Nelle sue parole e nell’atmosfera che si respira in questo luogo emerge davvero qualcosa di mistico: spiritualità, fede, legame con la terra sono tutti aspetti di un unico modo di intendere la vita e il rapporto simbiotico e identitario tra persone e territorio.

“Il miracolo avviene perché c’è una terra vocata baciata dal Signore per produrre uva”.

E in effetti l’insieme di clima e terroir è straordinario: il sole e i venti del mare da un lato, e un suolo gessoso dall’altro, che ha una caratteristica molto importante, quella di comportarsi come una spugna che assorbe l’acqua piovana d’inverno per poi rilasciarla gradualmente alle piante quando ne hanno bisogno, danno alle uve un pH basso e un’alta acidità. La produzione viene limitata all’andamento dell’annata, la vendemmia è interamente a mano solo dopo la perfetta maturazione, la vinificazione individuale per ciascun vigneto.

I vitigni coltivati sono Nero d’Avola, Syrah, Grillo, Insolia, Catarratto e una piccola parte di Chardonnay. In tutto si producono nove vini fermi e due spumanti.
Gli altri vini hanno nomi che derivano dal dialetto siciliano: l’Adènzia (bianco, blend di Grillo e Inzolia, e rosso, blend di Nero d’Avola e Syrah) nasce dall’espressione siciliana “dare adènzia” cioè “prestare attenzione” al nostro lavoro, quotidianamente, rispettando al massimo la terra e le vigne.

Lalùci è il Grillo in purezza, la Luce, quella speranza che deve sempre illuminare il nostro percorso anche nei momenti più bui. Il Grillo è un vitigno autoctono di questa zona che esprime al meglio le peculiarità del territorio diventando oggi il vino bianco che più rappresenta la Sicilia.

Dal Nero d’Avola in purezza nasce Lu Patri a rappresentare, appunto, il Padre dei vitigni siciliani, ma anche un omaggio ad Angelo Bonetta dai figli Carmelo e Domenico, oltre che il richiamo spirituale al Padre di ogni cosa.

Infine, il Syrah in purezza, l’etichetta Lusirà dal modo in cui in dialetto viene chiamato questo vitigno e lo Chardonnay Laudàri dal siciliano “lodare il Signore”, perché il vigneto dello Chardonnay si trova nella collina dove originariamente era posizionato il Cristo e i fedeli si recavano lì a “lodare il Signore”.

Irene mi accompagna nella parte interna della cantina, dove si svolgono le fasi di lavorazione, vinificazione e affinamento delle uve. Oltre ai silos in acciaio, quattro grandi botti da 110 ettolitri (in acciaio e rovere) consentono di affiancare al metodo tradizionale dell’affinamento in legno le possibilità offerte dalla tecnologia (rimontaggi, micro e macro ossigenazioni e controllo temperature). Visitiamo anche la tradizionale bottaia dove completano l’affinamento in barrique di rovere i rossi Lu Patri e Lusirà e il bianco Laudàri.

Per la famiglia Bonetta ogni bottiglia di vino è un mezzo prezioso per veicolare l’identità del territorio e la sua storia. Anche il bianco perlato delle etichette rievoca il gesso dei terreni. Una vera opera d’arte, le etichette della linea C’D’C’ Cristo di Campobello, che riportano i veli in pizzo, tipici della tradizione siciliana, con cui le donne un tempo si coprivano il capo.

La degustazione

Per degustare i vini, risaliamo le scale e ci accoglie una bella sala luminosa con un ampio tavolo dove sono già sistemati per ciascuna postazione di degustazione i calici e un pezzo di gesso, simbolo del terreno su cui sorgono i vigneti e dono dell’azienda per i suoi ospiti.

C’D’C’ “Cristo di Campobello” 2021

Bianco Terre Siciliane IGP - Grillo, Insolia, Catarratto e Chardonnay
Vinificazione: le uve intere, prima della pigia-diraspatura, sono refrigerate a 8-10°. A seguire, una pressatura soffice prima che il mosto venga separato e fatto decantare per sedimentazione a freddo.
Affinamento: sulle fecce fini per tre mesi a temperatura controllata in acciaio e circa due mesi di affinamento in bottiglia.
Cromatismo luminoso di giallo paglierino carico e brillante, fine e intenso al naso con in punta sentori di fiori gialli quali ginestra e fiori di campo, accompagnati dai fruttati di melone e polpa di mela. Il sorso è caldo, fresco, abbastanza sapido con il ritorno di fruttati e agrumati. Il finale è persistente con una piacevole chiusura di cannella ed erbe mediterranee. Pronto da subito o da conservare anche oltre i 5 anni.

Adènzia 2018

Rosso Sicilia DOC - Nero d’Avola e Syrah
Vinificazione: tradizionale in rosso con macerazione sulle bucce per 15-20 giorni a temperatura controllata.
Affinamento: 12 mesi in botti grandi di acciaio/legno di rovere francese e almeno 18 mesi in bottiglia.
Rosso rubino con sfumature violacee trasparenti, ampio ed elegante, ha un ingresso olfattivo importante la cui l’aromaticità si esprime attraverso piacevoli note di frutti di bosco e amarena e vaniglia. Il sorso avvolge il palato trasmettendo calore e speziatura, con un manto tannico presente ma non invadente. Buona la freschezza e giusta la sapidità. Ottimo sul finale per la lunga chiusura. Predisposto per invecchiare oltre i 10 anni.

La mia giornata al Cristo di Campobello si conclude nel modo più poetico e suggestivo: ho l’occasione di chiacchierare con il signor Angelo Bonetta, “Lu Patri” in persona, che accende di luce l’atmosfera e i volti di ciascuno, letteralmente. Un uomo straordinario, le cui parole echeggiano ancora, perché piene di sentimento, verità, fatica e orgoglio. Scattiamo una foto, anche se so che non basterà a contenere tutto quello che questa giornata mi ha regalato.

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