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Saint-Honorat, il Syrah e i monaci cistercensi

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Il primo vero scorcio di primavera mi ha regalato l’opportunità di tornare in un luogo che amo, Cannes e la Costa Azzurra (qui avevo descritto le succulente ostriche da gustare in città). In particolare ho colto l’occasione per visitare l’isola di Saint-Honorat, nell’arcipelago delle Lérins, proprio di fronte alla città. Anni addietro mi ero dedicata a Sainte-Marguerite, la più grande delle isole, che è rimasta per me fonte di memorie preziose, legate a una natura selvaggia, capace di creare una connessione profonda in chi la sa ascoltare. Con piacere, ho rivissuto sensazioni dello stesso tenore, anzi amplificate da un paesaggio ancora meno antropizzato, dove piante, rocce, sole e vento dominano incontrastati.

Sui 40 ettari dell’isola, emerge in tutta la sua potenza la varietà di piante, autoctone e non: cedri del Libano, piante di eucalipto il cui profumo si spande nell’aria, pini d’Aleppo e marittimi, lecci, agavi, oleandri, ginestre e lavanda. La vegetazione, che si interseca con gli aspri affioramenti rocciosi, è però anche un setting meraviglioso in cui emergono le tracce della presenza umana. Lungo i sentieri dell’isolotto sorgono la Torre Monastero, una fortezza ora in ristrutturazione (ottimo motivo per tornare qui!), due forni per palle di cannone di epoca napoleonica e numerose cappelle di origine medievale, di cui alcune letteralmente affacciate sul mare con vista sulle calette naturali dell’isola. Di certo, però, il luogo più affascinante è l’Abbazia cistercense, circondata da palme e bouganville giganti che le conferiscono un aspetto quasi esotico. Il nucleo originario risale addirittura al IV secolo, e ora è abitata tutto l’anno da 21 monaci della Congregazione Cistercense dell’Immacolata Concezione.

Luogo di preghiera e meditazione, ma anche di lavoro, il monastero accoglie visitatori in cerca di pace e silenzio, e tra le varie attività che i monaci svolgono ci sono quelle legate alla terra. Gli otto ettari di vigneti fin dal Medioevo vengono allevati con processi manuali (taglio, pigiatura, vendemmia), e il risultato sono vini di apprezzata qualità. Ben sette tipologie diverse, tra cui spicca il Syrah (che costituisce la produzione più estesa), ma anche Pinot noir, Mourvèdre, Viognier, Chardonnay. L’altra importante produzione a cui si dedicano i monaci riguarda i liquori, anche in questo caso distillati con metodi artigianali (uno di questi è ottenuto da un mix di 44 piante aromatiche!). Preziosa, infine, anche la produzione limitata di olio, grazie agli ulivi che “abitano” qui da oltre 500 anni.

A conclusione della passeggiata lungo l’isola, prendo posto in un angolo con una meravigliosa vista sul mare per la mia degustazione del “Saint Honorat” - Syrah.
Bel colore rosso rubino, brillante con sfumature violacee. Al naso è intenso e profondo, con sentori di piccoli frutti a bacca rossa e nera (ribes, mora, lampone, mirtillo), e apprezzabili note speziate che portano al pepe nero. Potenza, calore al palato senza eccedere con una trama tannica che dona morbidezza, tenue sapidità e sorprendente freschezza. Avverto, in chiusura, una buona persistenza. Se dovessi abbinarlo a un cibo, consiglierei senz’altro una terrina di anatra con erbe provenzali.

Riprendo il traghetto verso Cannes, getto un ultimo sguardo alle vigne, all’Abbazia, alle acque che da millenni accarezzano questo magnifico scoglio della Costa Azzurra. E già sento salire la voglia di tornare, come un viandante d’altra epoca, a respirare di nuovo l’aria fatta di profumi e silenzi di Saint-Honorat.

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