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TENACIA ED IMPEGNO DI UN UOMO IN UNA TERRA INESPLORATA

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TENACIA ED IMPEGNO DI UN UOMO
IN UNA TERRA INESPLORATA

Agro Pontino: alla ricerca della massima simbiosi tra vitigno e territorio.

Il 5 Marzo 1914 in Amatrice, Emidio, Isidoro ed Antonio Santarelli costituiscono la “Ditta Berardino Santarelli & Figli” che porta il nome del Fondatore Berardino, Mercante di Vino.
Negli anni successivi, i suoi tre figli si trasferirono a Roma, aprendo il primo “Vini & Olii” in Piazza Capranica 99, nel cuore della città. Gli anni passano, e con il trascorrere del tempo la Ditta si sviluppa, aprendo in diverse zone della città, con altri 11 “Negozi di vendita”.
Dino Santarelli, figlio di Emidio, nel 1955 fonda a Roma la “Santarelli S.p.A.” dedicandosi all’imbottigliamento dei Vini tipici del Lazio, esportati anche all’estero, in particolare in Canada.
Nel 1967, Dino Santarelli, affascinato dall’Agro Pontino, crea “Casale del Giglio”, a Le Ferriere in provincia di Latina, non lontano dall’antica città di “Satricum” sorta V sec. a.C. , situata a circa 50 km a sud di Roma.

Nello stesso periodo, i “Vini & Olii” vengono ceduti, ad eccezione di quello di Piazza Capranica trasformato in ristorante, ancora oggi di proprietà della famiglia e denominato “Il Collegio”, un ambiente moderno curato nell’arredo con cucina a vista.

Questa struttura a doppia altezza che ha conservato le volte originali, con ampi spazi, molto accogliente e con un ricco menù di proposte anche tradizionali. Ottimo l'assortimento di vini, sia della casa sia nazionali ed esteri.

Elemento di distinzione di questo territorio, rispetto ad altre zona del Lazio e ad altre Regioni d’Italia, era costituito dal fatto che rappresentava un ambiente nuovo, tutto da esplorare dal punto di vista vitivinicolo. Qui mi si apre una riflessione oggettiva: non tutti sono disposti a fare una simile scommessa. Va sicuramente premiata la caparbietà di puntare oltre una certa meta mai comprovata prima e la fiducia riposta nella sperimentazione enologica.

La svolta è avvenuta nel 1985, quando l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Lazio ha autorizzato il progetto di ricerca e sviluppo “Casale del Giglio”: l’azienda mette a disposizione tutti i terreni, la manodopera, i macchinari e tutto il necessario per impiantare un vigneto sperimentale di grande rilievo.

QUAL’E’ L’OBIETTIVO FINALE DEL CASALE DEL GIGLIO?

L’Obiettivo finale del progetto punta ad un incremento qualitativo della produzione vinicola considerando l’eco sistema viticolo di partenza e tutte le sue possibili forme evolutive.

A partire dagli anni ’90, il figlio Antonio Santarelli, seguendo l’intuito e la lungimiranza paterna, si avvale della collaborazione del giovane Enologo trentino Paolo Tiefenthaler che ricoprirà un ruolo fondamentale. Sinergicamente svilupperanno un intenso progetto di ricerca e sperimentazione mettendo a dimora 60 vitigni, dando vita ad una collezione varietale che dopo tre anni consente di vinificare un gran numero di cultivar: lo scopo era quello di comprendere al meglio l’interazione tra vitigno e territorio, riuscendo a dare una identità precisa e chiara a quei vini di quello specifico territorio. Si sono ottenuti ragguardevoli risultati da questa avventura complessa e se vogliamo dire anche rischiosa in quanto non vi erano certezze in partenza. Il Petit Verdot è stato il vitigno che ha risposto al meglio.
Queste ricerche hanno tratto spunto dai modelli di coltivazione viticola praticati a Bordeaux, in Australia ed in California. Tutti sono accumanati dal fattore importante dell’esposizione verso la costa, e nel caso in questione anche L’Agro Pontino beneficia dell’influenza del Mar Tirreno.

Gli esperti insieme ad Antonio Santarelli all’unanimità dichiarano come i terreni bonificati dell’Agro Pontino fossero un’area inesplorata su cui tentare tutto il nuovo possibile. L’assenza di passato enologico è diventata così lo stimolo determinante verso il massimo grado di libertà innovativa.

I primi risultati positivi di questa piramide produttiva li hanno dati le uve rosse di Syrah e Petit Verdot, e le uve bianche come Sauvignon, Viogner e Petit Manseng, dando così vita a diverse etichette da monovitigno oppure da assemblaggio, con un buon rapporto qualità-prezzo.

Da evidenziare due auctononi. Il primo è il Bellone (Lazio bianco IGT), vitigno antichissimo diffuso nel Lazio già in epoca romana e citato da Plinio come “uva pantastica”; si ottiene il vino soprannominato “Anthium”.

Il secondo molto interessante è il Biancolella di Ponza (Lazio IGT), varietà originaria della Campania, ora autoctona laziale, importata sull’Isola di Ponza da Ischia nella metà del ‘700, ai tempi del Regno di Napoli, sotto i Borbone. La coltivazione nel Lazio è autorizzata unicamente sulle Isole Ponziane, su di un piccolo altipiano su cui si erge maestoso il Faro della Guardia, da cui prende il nome questo vino di Casale del Giglio.

SATRICUM e le sue bellezze archeologiche

Accanto alla viticoltura, l’azienda segue da tempo il progetto archeologico di Satricum, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale.
Gli scavi hanno consentito l’individuazione della “Via Sacra”, che conduceva al Tempio della “Mater Matuta”, ed il ritrovamento di un calice in ceramica usato per il vino risalente al V Secolo a.C.: già in quell’epoca era presente coltivazione viticola e la produzione del vino.

LA STORIA DEGLI SCAVI

La storia degli scavi di Satricum inizia nel 1896 quando il francese Hector Graillot scoprì sulla collina di Le Ferriere i resti del tempio dedicato alla dea Mater Matuta. Fino al 1898 si intraprese una lunga campagna di scavo sotto la guida di archeologi italiani, con cui vennero portati alla luce molti reperti, ora conservati al Museo di Villa Giulia in Roma. Dopo un periodo di interruzione intorno al 1910 ripresero gli scavi: poi nel 1975 il Comitato per l’Archeologia del Lazio chiese all’Istituto Olandese di Roma di occuparsi della ricerca archeologica di Satricum. Si ottennero molti risultati tra cui il ritrovamento del “Lapis Satricanus”, una base di pietra con un’iscrizione in latino arcaico databile tra il 525 e il 500 a.C.

Filosofia di Casale del Giglio

Antonio Santarelli sostiene che lo sviluppo futuro della vitivinicoltura italiana non risiede solamente nel consolidamento dell’immagine di zone dalla grande tradizione, ma anche nel raggiungimento, attraverso opportune scelte viticole ed enologiche, di produzioni di alto livello, caratterizzate dal giusto rapporto qualità-prezzo, in territori ancora poco conosciuti dal punto di vista del loro potenziale qualitativo viticolo ed enologico.

Ad oggi Casale del Giglio ha provveduto a riconvertire a filare tutti i suoi 180 ettari di vigneto, ed ad introdurre nuove varietà caratterizzate dall’alto grado di interazione qualitativa con il Territorio.
La Tenuta offre una gamma di 23 prodotti (bianchi, rosati e rossi, una Vendemmia Tardiva, tre grappe e olio extra vergine).

Il prodotto di punta è il Mater Matuta Igt Lazio Rosso – 14% (Syrah 85% e Petit Verdot 15%).
La mia degustazione:

Vino di razza, fiero, concentrato dal profumo carnoso ed austero dal colore rubino cupo con bordo porpora.
Colpisce al naso il garbo dei profumi, mai invadenti, si va dalle spezie dolci al tabacco, alla marasca, alla macchia mediterranea, ai frutti neri di bosco su complessa speziatura.
Al palato è suadente, la trama tannica è ben integrata e con il giusto alcool a donare una buona struttura: chiude con una lunga persistenza di sentori fruttati.
Questo vino ha una fermentazione malolattica dove acquisisce morbidezza e complessità e maturazione per 24 mesi in barrique, poi 10 mesi di affinamento in bottiglia.

LE ORIGINI, AMATRICE, LA GRICIA

L’azienda agricola Casale del Giglio ha un particolare legame affettivo con la città di Amatrice, culla di antichi sapori immersa nel verde dei Monti della Laga. Provengono da queste terre il fondatore dell’azienda Dino Santarelli e la Signora Ernesta D’Orazio sua moglie, la cui famiglia nel Novecento esportava il Pecorino Romano oltre oceano.

Fin dal settecento i Pastori dell’Agro Pontino erano soliti portare in estate le loro Greggi sui monti della Laga, che circondavano la Conca Amatriciana. Durante la trasumanza erano soliti preparare la “Gricia”, ritenuta da molti la vera originale Pasta all’Amatriciana (senza pomodoro) Il sapore intenso del Pecorino Romano unito a quello unico del Guanciale di Amatrice sono i tratti caratteristici della ricetta antica.

Abbinamento perfetto della Gricia è l’Antinoo : un blend di Viogner e Chardonnay affinato in barrique.

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