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Borgogna, la casa dello Chardonnay

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Mille sono le anime della Borgogna, come i suoi vigneti, le denominazioni e i domaines che la abitano. Culla dello Chardonnay e del Pinot nero, è un magico puzzle di colline, torrenti e speroni rocciosi, ognuno dei quali dona ai vini qui prodotti una nota diversa, a creare quel bouquet straordinario e mai uguale a se stesso che è racchiuso in ogni bottiglia.

La Borgogna è più di un luogo, è un’esperienza, una di quelle che appassionati e professionisti del vino anelano a vivere, un passaggio obbligato e meraviglioso e una delle poche tappe irrinunciabili sulla mappa mondiale delle eccellenze vinicole. La visita al Domaine Sangouard-Guyot è stata l’occasione per tornare in questo empireo del vino, la regione francese da cui provengono alcune tra le bottiglie più pregiate e costose al mondo. In un’estate che porta con sé la voglia di normalità, la necessità di tornare a respirare brezze marine e frescure montane, il desiderio di fare tesoro di tanti mesi cupi e rinascere alla vita, è con tali sentimenti che voglio regalarvi il resoconto di un memorabile viaggio, non solo fisico.

Siamo nella Francia centro-orientale, in quello che i Burgundi - da cui il nome - stabilirono come proprio regno nel V secolo, dominato poi dai Franchi e infine spezzatosi in una serie di domini rispetto ai quali la regione attuale ricalca quello che divenne l’omonimo ducato. Straordinarie testimonianze architettoniche di arte romanica e monumentali castelli del Rinascimento francese impreziosiscono la Borgogna, che si allunga tra un continuo alternarsi di colline dolci e piccole pianure dominate dal Plateau de Langres e solcate da fiumi e torrenti. Le note costitutive del territorio si riflettono nell’organizzazione spaziale e commerciale dell’area, declinata in una miriade di piccoli appezzamenti con leggere ma sensibili variazioni nel clima e nei terreni.
Costellata di numerose “strade dei vini” che da Digione a Mâcon conducono lungo i molti domaines, l’intera zona è entrata a far parte del Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco, a sottolinearne la peculiarità e importanza.

Chardonnay e non solo

Culla dei bianchi Chardonnay e dei rossi Pinot nero, vitigni autoctoni il cui livello qualitativo è diventato uno degli standard di riferimento del settore, la Borgogna ha fatto delle proprie specificità ambientali la sua cifra distintiva. I terreni sono per lo più calcarei, con strati argillosi in percentuali variabili, elementi che, associati a esposizioni e altitudini diverse con microclimi locali differenziati, dettano le condizioni per una vasta gamma di rese vinicole. Le temperature possono arrivare a livelli molto bassi, perciò non infrequente è il rischio di annate poco redditizie se non assolutamente deficitarie, sia in termini qualitativi che quantitativi. Personalmente lo leggo come una sorta di prezzo per raggiungere una complessità e una ricchezza delle varietà enologiche senza pari. Come dicevo, il territorio è frammentato in molti lotti, i quali però, benché non contigui, appartengono alla medesima cantina pur acquisendo, talvolta, denominazioni diverse e subendo lavorazioni ad hoc.

Il Domaine Sangouard-Guyot

Approdo privilegiato per gli itinerari della Strada dei Vini Macônnais-Beaujolais, nella zona più a sud della Borgogna, è Mâcon, sulle rive della Saona. A pochi chilometri a ovest sorge Vergisson, dove ha sede il Domaine Sangouard-Guyot e dove mi accolgono Catherine e Pierre-Emmanuel, titolari della cantina.
La proprietà terriera risale ben al ’700, tramandata in famiglia fino all’attuale conduzione, quando nel 1997 Pierre-Emmanuel Sangouard si è trasferito nella fattoria di famiglia, allora gestita da suo nonno. Nel 2000 ha rilevato i vigneti della tenuta Guyot, i genitori di sua moglie, da cui la nascita della tenuta Sangouard-Guyot. La filosofia di lavoro qui è semplice, improntata al rispetto delle tradizioni e del territorio ma informata di tecniche e saperi aggiornati al XXI secolo. Come la cantina interrata, inaugurata nel 2011, ideale per la conservazione dei vini a temperatura costante tutto l’anno, e con grandi benefici anche ambientali in termini di consumi energetici: qui sono ospitati il magazzino, una zona per le botti di legno e un’altra con attrezzature e strumentazioni all’avanguardia.

I “vignerons" Sangouard-Guyot gestiscono 34 lotti di vigneti, suddivisi tra varie “appelation”: Pouilly-Fuissé, Saint-Veran, Mâcon-Vergisson, Mâcon-Bussières, Mâcon-Villages. Una frammentazione che, come dicevo, si riverbera anche nelle caratteristiche degli Chardonnay prodotti, frutto di diverse condizioni geologiche e micro-climatiche a cui si associano metodi di vinificazione accuratamente selezionati (con l’utilizzo, per esempio, di botti nuove, botti di 5 o 10 anni, o ancora di tini termoregolatori a seconda del terroir), per una gamma di cuvée dagli aromi molto distinti. L’esposizione dei vigneti è per lo più a sud/sud-est.

Artigiani della vendemmia

Catherine mi spiega che riescono a gestire un’area a misura d’uomo, lavorando le viti manualmente, con quella che definiscono una viticoltura “ragionata”. La giusta attenzione è riservata alle operazioni di aratura in tutti gli appezzamenti di proprietà, per far sì che il terreno prenda la giusta aerazione e permettendo alle radici di reperire i nutrienti di cui ha bisogno la vite. Altra fase fondamentale e delicata è la potatura delle viti, che avviene il più in alto possibile, e molto vicino ai grappoli per favorire la fotosintesi. Il risultato sono uve più ariose e soleggiate per una migliore maturazione.
Manuale è naturalmente anche la raccolta, mentre la pigiatura avviene lentamente e moderatamente per estrarre il meglio dal grappolo.

Dopo una leggera decantazione, i vini vanno direttamente alla fermentazione in botti o tini termoregolatori, in modo da preservare gli aromi e la freschezza dello Chardonnay. Vengono quindi affinati sui lieviti per 10 mesi con batonnage per conferire rotondità e opulenza. Le vinificazioni avvengono senza solforosa fino alla fermentazione malolattica. Solo dopo questo passaggio viene aggiunta la solforosa a piccole dosi, incapsulata poi definitivamente poco prima dell’imbottigliamento. Che avviene a luglio, dopo due anni di lavoro.

Pouilly-Fuissé “Quintessence” 2019 (13%)

Uno dei vini emblema della casa è il Pouilly-Fuissé “Quintessence” 2019 (13%), il cui nome non a caso sottolinea la provenienza di una delle migliori parcelle di Vergisson : “Le clos de Croux”, sul lato sud della roccia de Vergisson, con una vigna che arriva alla base di questo massiccio stratificato.
La predominanza di terreno calcareo conferisce al vino una spiccata mineralità, finezza e delicatezza, che unite al certosino lavoro di vinificazione, in botte per 3 anni su fecce fini con rimontaggi settimanali, determina un risultato sorprendente al palato. E non perdo l’occasione di complimentarmi con Catherine e Pierre-Emmanuel per la maestria del loro lavoro.

L’interpretazione gustativa prende rilievo fin dal suo cromatismo, virato verso un bel giallo paglierino lucente. All’olfatto emergono note aromatiche importanti, in un tourbillon di sfumature fruttate di pesca bianca, mela, aroma di pompelmo e di altri agrumi (la citronella, ad esempio), completati da essenze floreali di rosa. Mi sorprendono anche sentori aromatici di ginepro, verbena, caprifoglio e pepe bianco.
Elemento identificativo è la finezza, continua sul palato, accompagnata da straordinaria freschezza e buona pienezza. È un vino morbido con marcate note di mineralità, la cui intensità prolungata e complessa conquista l’intera percezione gustativa, mentre gli aromi dell’olfatto sono ancora: al palato l’aromaticità assume forma di mandorle tostate e pietra focaia.

In definitiva, uno Chardonnay di eccellente qualità e grande equilibrio, in cui tutti gli elementi responsabili della sua morbidezza e durezza sono ben bilanciati. Un vino da degustare all’acquisto, così come da lasciar riposare alcuni anni in cantina
L’abbinamento principe è con piatti di pesce, in particolare suggerisco le ostriche o le cappesante gratinate al forno.

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