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Marsala: racconto di una Storia di “vite”.

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Alla riscoperta dei vitigni autoctoni di Marsala.


Mi trovo proprio sulla punta estrema dell’isola, a Marsala. I colori richiamano il giallo tufo, l’azzurro mare, il rosso tramonto, il bianco sale ed il verde vigneto. Dalle origini fenicie – con influenze greche, romane, arabe, normanne, sveve, angioine e spagnole – Marsala è ricca di bellezze artistiche e di contenuti unici e irripetibili.


Luogo geograficamente speciale, dove la natura si esprime nelle sue molteplici forme.


I colori, i sapori e i profumi di Sicilia s’incontrano in questo contesto tipico dell’ospitalità mediterranea. I marsalesi hanno il valore dell’accoglienza nel loro DNA! Il patrimonio artistico che il territorio propone è ampio: chiese, grotte e santuari; ipogei, terme e stradine sommerse; statue, anfore e relitti di navi; necropoli e luoghi di culto.

Dalla Laguna dello Stagnone fino ad arrivare al centro storico si estende un’immensa area antica, che in parte è stata recuperata ma ne rimane sommersa ancora una buona percentuale; questo si interseca e convive con il moderno complesso urbano.

Il Marsala.

Proprio qui si produce il tanto rinomato “Marsala” vino liquoroso, ovunque apprezzato per le sue inconfondibili caratteristiche organolettiche e per la sua estrema versatilità. Le sue tonalità di colore (influenzata da svariati fattori come uve utilizzate, diverse tipologie di lavorazione e durata dell’invecchiamento) si distinguono nella qualità: oro, ambra e rubino.

In base al suo grado zuccherino ritroviamo le classificazione: Dolce – Semisecco – Secco.

Le modalità di produzione.

° “Fine” (conciato, invecchiato almeno un anno);

° “Superiore (conciato, invecchiato almeno due anni);

° “Superiore Riserva” (conciato, invecchiato almeno quattro anni);

° “Vergine” o “Soleras” (non conciato, invecchiato almeno cinque anni);

° “Vergine Riserva” o “Soleras Stravecchio” (non conciato, invecchiato almeno dieci anni).

Con il termine “conciato” si intende un vino dalla lavorazione tutta particolare, durante la quale vengono aggiunti mosto cotto (che dona un gusto amarognolo e vellutato), sifone (che conferisce un gusto forte al marsala) ed alcool.

Mentre il termine “Soleras” si riferisce ad una modalità di invecchiamento degli alcolici che già in passato veniva utilizzato per altri vini liquorosi come lo Sherry ed il Porto.

A Marsala non si beve solo… Marsala.

Ricollegandomi a questo prodotto unico per finezza e qualità desidero raccontare che alla base della sua produzione ci sono due importanti varietà autoctone da uve bianche: il Grillo e il Catarratto; grazie ad un evidente miglioramento nella loro lavorazione si ottengono grandi risultati anche nei vini fermi.

Proprio in questa città dal carattere archeologico, marinaro e garibaldino ho appuntamento con il Sig. Vincenzo Marino Abate, “produttore di vino da ben tre generazioni”, in una grande enoteca del centro storico molto ben assortita.

E’ giunto il momento di degustare un aperitivo con una buona bottiglia di bianco di sua produzione.

Il Catarratto.

Sig. Vincenzo, qual è la storia del vino bianco che stiamo per degustare oggi?

Quello che vedi nel bicchiere è il nostro “Catarratto”. Quando, prima di fermarci qui, abbiamo camminato in mezzo alla nostra vigna sulla collina, con un altitudine compresa tra 200 m. e 450 m. sul livello del mare, hai potuto vedere dove abbiamo impiantato questo vitigno autoctono, che come altre uve a bacca bianca predilige questo tipo di posizione.

La raccolta avviene in cassetta, la pressatura è soffice (con una resa mosto del 50%), sedimentazione statica per 40 ore, fermentazioni a basse temperature a 13/15 °C per 15 giorni, con utilizzo di lieviti naturali.

A fine fermentazione il vino viene separato delle fecce grossolane e vi rimane per circa 8-10 mesi in acciaio dove vengono eseguiti 2 volte a settimana dei bàtonnage. Uno degli obiettivi che ci prefissiamo è quello di cercare di evitare il contatto con l’ossigeno in qualsiasi fase della vinificazione (Riduzione).

Lo scopo principale è quello di dare e di mantenere al nostro prodotto la sua vera identità sotto il profilo aromatico senza andare a stravolgerlo, come accadrebbe se si lavorasse in ossidazione.

E’ arrivato il momento di passare alla degustazione.

Al calice si riconosce il tipico colore giallo paglierino brillante con riflessi verdi, mentre a livello olfattivo primeggiano i profumi sia floreali di gelsomino sia fruttati di pesca a polpa bianca che delicatamente lasciano il posto ad un sottile finale erbaceo.

Al gusto si trova un equilibrio dato da una buona freschezza (acidità) e mineralità; un giusto calore (alcool) che non disturba. Armonico nel complesso. Indicatissimo con gli antipasti di mare, ma il perfetto accostamento per concordanza di questo vino è con gli spaghetti ai ricci di mare.

Di generazione in generazione.

Qual è la vostra storia familiare?

Siamo viticoltori da molte generazioni, con orgoglio ci definiamo “artigiani del vino”, entusiasti di modellare con passione e dedizione il frutto della nostra vigna. Un rapporto indissolubile con la vigna e la terra tramandato da papà Angelo e nonno ‘Nzino che ancora oggi è presente in azienda.

Abbiamo la fortuna che tutti noi in famiglia ci adoperiamo in questo lavoro duro, impegnativo ma pieno di soddisfazioni.

Quali sono stati i motivi che ti hanno spinto a questa scelta imprenditoriale?

Negli anni 70 avevamo smesso di produrre vino e la nostra scelta di ricominciare nasce dalla consapevolezza di aver tra le mani un tesoro inestimabile, frutto del lavoro che con amore e fedeltà i nonni avevano sapientemente coltivato.

Noi di ultima generazione abbiamo introdotto la visione di produrre vini legati al nostro passato, al nostro modo di interpretare i diversi terroir (non semplici da trattare e lavorare) e di far conoscere una nuova Sicilia attraverso la nostra personale filosofia.

L’attenzione, il rispetto e la cura delle nostre terre è alla base del nostro lavoro e ci permette di valorizzare e far esprimere al massimo l’identità dei nostri vini.

Qual è la politica lavorativa, la tipologia della vigna, l’enologo, la posizione ed esposizione che hai scelto?

Noi interpretiamo il territorio attraverso la cura della vigna e il rispetto dell’ambiente. Un’agricoltura biologica per ottenere il massimo dai nostri vitigni autoctoni. Abbiamo 16 ettari tra vigneti ed uliveti. Qui si trovano cinque micro-ambienti diversi che ci consentono di adeguare ad ogni singolo contesto il giusto vitigno, godendo di un’ottima esposizione al sole e al vento.

Cinque morbide colline con microclimi e suoli diversi: quello argilloso, calcareo, sabbioso e quello ciottoloso. Abbiamo scelto il sistema di allevamento a guyot e a cordone speronato. L’età media delle vigne è di 25 anni, con basse rese per ettaro. Ogni anno produciamo circa 15.000 bottiglie.

Chi gestisce l’azienda oggi?

Prevalentemente io, che sono il terzo enologo della famiglia. Poi ho il supporto dei miei fratelli, Rossella e Nicola che, dopo aver studiato e provato esperienze all’estero hanno ritrovato una nuova spinta nel lavorare qui le nostre vigne, valorizzare il frutto del proprio territorio cercando di apportare sempre più migliorie puntando ad ottenere un vino di alta qualità.

Quali sono gli obiettivi finali?

Ad oggi non mi sento di aver raggiunto un obiettivo finale, non credo di essere arrivato alla conclusione del mio percorso. Fare vino per me è soprattutto sperimentare, conoscere i pregi e i difetti della mia terra, è un farmi guidare, annata dopo annata, ad una giusta interpretazione di quello che la vigna può offrire.

Mi sento sempre all’inizio di un cammino evolutivo che voglio affrontare con umiltà e calma, senza aver chissà quale presunzione di sapere tutto e subito. Orgoglioso dei valori trasmessi da mio nonno con caparbietà e dedizione lo porterò avanti.

Siamo arrivati alla fine del nostro incontro, ringrazio Vincenzo sia per avermi portato nelle sue vigne, dove ho potuto toccare con mano l’entusiasmo e la volontà di perfezionare un prodotto che oggi tiene alto il livello degli autoctoni siciliani, sia per avermi fatto conoscere un vino che racchiude il calore della terra e il lavoro di generazioni.

 

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