Loading...
Home / vini d’eccellenza

i migliori vini scelti per voi

Borgogna, la casa dello Chardonnay

Mille sono le anime della Borgogna, come i suoi vigneti, le denominazioni e i domaines che la abitano. Culla dello Chardonnay e del Pinot nero, è un magico puzzle di colline, torrenti e speroni rocciosi, ognuno dei quali dona ai vini qui prodotti una nota diversa, a creare quel bouquet straordinario e mai uguale a se stesso che è racchiuso in ogni bottiglia. La Borgogna è più di un luogo, è un’esperienza, una di quelle che appassionati e professionisti del vino anelano a vivere, un passaggio obbligato e meraviglioso e una delle poche tappe irrinunciabili sulla mappa mondiale delle eccellenze vinicole. La visita al Domaine Sangouard-Guyot è stata l’occasione per tornare in questo empireo del vino, la regione francese da cui provengono alcune tra le bottiglie più pregiate e costose al mondo. In un’estate che porta con sé la voglia di normalità, la necessità di tornare a respirare brezze marine e frescure montane, il desiderio di fare tesoro di tanti mesi cupi e rinascere alla vita, è con tali sentimenti che voglio regalarvi il resoconto di un memorabile viaggio, non solo fisico. Siamo nella Francia centro-orientale, in quello che i Burgundi - da cui il nome - stabilirono come proprio regno nel V secolo, dominato poi dai Franchi e infine spezzatosi in una serie di domini rispetto ai quali la regione attuale ricalca quello che divenne l’omonimo ducato. Straordinarie testimonianze architettoniche di arte romanica e monumentali castelli del Rinascimento francese impreziosiscono la Borgogna, che si allunga tra un continuo alternarsi di colline dolci e piccole pianure dominate dal Plateau de Langres e solcate da fiumi e torrenti. Le note costitutive del territorio si riflettono nell’organizzazione spaziale e commerciale dell’area, declinata in una miriade di piccoli appezzamenti con leggere ma sensibili variazioni nel clima e nei terreni. Costellata di numerose “strade dei vini” che da Digione a Mâcon conducono lungo i molti domaines, l’intera zona è entrata a far parte del Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco, a sottolinearne la peculiarità e importanza. Chardonnay e non solo Culla dei bianchi Chardonnay e dei rossi Pinot nero, vitigni autoctoni il cui livello qualitativo è diventato uno degli standard di riferimento del settore, la Borgogna ha fatto delle proprie specificità ambientali la sua cifra distintiva. I terreni sono per lo più calcarei, con strati argillosi in percentuali variabili, elementi che, associati a esposizioni e altitudini diverse con microclimi locali differenziati, dettano le condizioni per una vasta gamma di rese vinicole. Le temperature possono arrivare a livelli molto bassi, perciò non infrequente è il rischio di annate poco redditizie se non assolutamente deficitarie, sia in termini qualitativi che quantitativi. Personalmente lo leggo come una sorta di prezzo per raggiungere una complessità e una ricchezza delle varietà enologiche senza pari. Come dicevo, il territorio è frammentato in molti lotti, i quali però, benché non contigui, appartengono alla medesima cantina pur acquisendo, talvolta, denominazioni diverse e subendo lavorazioni ad hoc. Il Domaine Sangouard-Guyot Approdo privilegiato per gli itinerari della Strada dei Vini Macônnais-Beaujolais, nella zona più a sud della Borgogna, è Mâcon, sulle rive della Saona. A pochi chilometri a ovest sorge Vergisson, dove ha sede il Domaine Sangouard-Guyot e dove mi accolgono Catherine e Pierre-Emmanuel, titolari della cantina. La proprietà terriera risale ben al ’700, tramandata in famiglia fino all’attuale conduzione, quando nel 1997 Pierre-Emmanuel Sangouard si è trasferito nella fattoria di famiglia, allora gestita da suo nonno. Nel 2000 ha rilevato i vigneti della tenuta Guyot, i genitori di sua moglie, da cui la nascita della tenuta Sangouard-Guyot. La filosofia di lavoro qui è semplice, improntata al rispetto delle tradizioni e del territorio ma informata di tecniche e saperi aggiornati al XXI secolo. Come la cantina interrata, inaugurata nel 2011, ideale per la conservazione dei vini a temperatura costante tutto l’anno, e con grandi benefici anche ambientali in termini di consumi energetici: qui sono ospitati il magazzino, una zona per le botti di legno e un’altra con attrezzature e strumentazioni all’avanguardia. I “vignerons" Sangouard-Guyot gestiscono 34 lotti di vigneti, suddivisi tra varie “appelation”: Pouilly-Fuissé, Saint-Veran, Mâcon-Vergisson, Mâcon-Bussières, Mâcon-Villages. Una frammentazione che, come dicevo, si riverbera anche nelle caratteristiche degli Chardonnay prodotti, frutto di diverse condizioni geologiche e micro-climatiche a cui si associano metodi di vinificazione accuratamente selezionati (con l’utilizzo, per esempio, di botti nuove, botti di 5 o 10 anni, o ancora di tini termoregolatori a seconda del terroir), per una gamma di cuvée dagli aromi molto distinti. L’esposizione dei vigneti è per lo più a sud/sud-est. Artigiani della vendemmia Catherine mi spiega che riescono a gestire un’area a misura d’uomo, lavorando le viti manualmente, con quella che definiscono una viticoltura “ragionata”. La giusta attenzione è riservata alle operazioni di aratura in tutti gli appezzamenti di proprietà, per far sì che il terreno prenda la giusta aerazione e permettendo alle radici di reperire i nutrienti di cui ha bisogno la vite. Altra fase fondamentale e delicata è la potatura delle viti, che avviene il più in alto possibile, e molto vicino ai grappoli per favorire la fotosintesi. Il risultato sono uve più ariose e soleggiate per una migliore maturazione. Manuale è naturalmente anche la raccolta, mentre la pigiatura avviene lentamente e moderatamente per estrarre il meglio dal grappolo. Dopo una leggera decantazione, i vini vanno direttamente alla fermentazione in botti o tini termoregolatori, in modo da preservare gli aromi e la freschezza dello Chardonnay. Vengono quindi affinati sui lieviti per 10 mesi con batonnage per conferire rotondità e opulenza. Le vinificazioni avvengono senza solforosa fino alla fermentazione malolattica. Solo dopo questo passaggio viene aggiunta la solforosa a piccole dosi, incapsulata poi definitivamente poco prima dell’imbottigliamento. Che avviene a luglio, dopo due anni di lavoro. Pouilly-Fuissé “Quintessence” 2019 (13%) Uno dei vini emblema della casa è il Pouilly-Fuissé “Quintessence” 2019 (13%), il cui nome non a caso sottolinea la provenienza di una delle migliori parcelle di Vergisson : “Le clos de Croux”, sul lato sud della roccia de Vergisson, con una vigna che arriva alla base di questo massiccio stratificato. La predominanza di terreno calcareo conferisce al

Fortana “fermo”

Gita domenicale presso l'Abbazia di Pomposa "Una parentesi di un'esperienza piacevole" Gita domenicale presso l'Abbazia di Pomposa, risalente al IX secolo, una delle opere romane più sorprendenti del patrimonio artistico italiano, esternamente un'architettura semplice ma dentro si rimane sorpresi dai pavimenti di mosaici originali dell'epoca. Proprio a due passi immersi in un contesto tra arte e natura si trova (con mio grande stupore) l'azienda agricola Corte Madonnina realtà storica che da oltre 60 produce i vini Doc del Bosco Eliceo. Un breve ripasso per ricordare che i vigneti del Bosco Eliceo sono compresi nell'area lungo la fascia costiera che va dalle foci del Po in territorio ferrarese fino ad arrivare alle saline di Cervia, provincia di Ravenna, e ci si trova all'interno del Parco del Delta del Po. È un luogo molto suggestivo il Bosco Eliceo perchè vi è un'alternanza di dune di sabbia, boschi di lecci, valli e saline. Incontro il proprietario Vittorio Scalandra della cantina "Corte Madonnina", che mi illustra tutta la gamma di vini di sua produzione, ma in quell'occasione l'approfondimento si è centrato tutto sul vitigno autoctono per eccellenza il "Fortana" sia nella versione ferma sia frizzante. Una particolarità unica della zona è che queste vigne sorgono su terreni sabbiosi, che hanno consentito fino da tempi remoti di preservare la vite dall'attacco della fillossera, da qui "i vini delle sabbie". La coltivazione delle vigne a Corte Madonnina avviene a "franco di piede", cioè con radici naturali senza innesto selvatico. Oggi direttamente nella mia sala degustazione riassaggio per la seconda volta il Fortana "fermo".   La degustazione Osservate dal mio video come si presenta a livello visivo : colore vivace, abbastanza trasparente, brillante di un rosso purpureo. Al naso sono presenti sentori di frutti a bacca rossa, rosa canina, viola mammola. Al palato vino secco, morbido, non troppo caldo a riconferma dei suoi 11,5%, media struttura e corpo, si riconfermano i profumi percepiti all'olfatto, una buona persistenza e confermo un vino armonico. Si abbina a due piatti della cucina tradizionale ferrarese: la salama da sugo e l'anguilla in umido! La vendemmia del Fortana "fermo" avviene tardiva Ottobre inoltrato una scelta voluta per catturare i profumi più intensi. La vinificazione avviene in vasche di acciaio a temperatura controllata con ripetuti rimontaggi. Estrazione del colore e delle sostanze più pregiate mediante délestage. Se ne producono solo 8.000 bottiglie! Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!

Frasi 2010 Capitoni

"Frasi" 2010 Capitoni: un vino che rivela l'umanità "Un passo dopo l'altro, una vite e poi un'altra ancora... Costanza" Non ho resistito e ho “rubato” l’incipit di questo post proprio a lui, Marco Capitoni, artefice del rosso che oggi ho estratto dalla mia cantina: il "Frasi" 2010. Queste, come quelle create ogni anno, sono le parole con cui l’Azienda Capitoni Marco del Podere Sedime di Pienza vuole cogliere l’anima di ogni stagione, di ogni vendemmia. In questo caso, inoltre, colgono la vera essenza di una professione fatta di attese, gesti quotidiani, letargo e rinascite che si inseguono e insegnano a fare meglio, anno dopo anno. Curioso, vibrante, coinvolgente, negli incontri vissuti - e in attesa di altri, più vivi che mai - Marco mi ha trasmesso le sensazioni che vedo sa imprimere al suo lavoro: una solida conoscenza del mestiere (sviluppata in vigna e in altre Cantine), lo studio applicato all’antica filosofia artigianale di famiglia, l’apertura mentale e la costante ricerca di spunti, confronti, idee, che arrivino da altri produttori o da appassionati e artisti, come quelli le cui opere ha esposto in più di un’occasione proprio nella sua tenuta, fra le anfore di decantazione. Su tutto, poi, la grande capacità di fare squadra, all’interno dell’azienda e con gli altri produttori della Val d'Orcia (Parco della Val d'Orcia), impegnati a valorizzare i vini di un territorio magnifico, solo recentemente elevatisi fra i più apprezzati e premiati (forse perché schiacciati dai giganti Brunello e Montepulciano). Aspetti ampelografici Terreno di tessitura sabbioso-limoso più precisamente si tratta di fondale marino pliocenico (come testimoniano i molteplici frammenti di conchiglie fossili. Qui sorgono le vigne vecchie di 1 ettaro il cui sistema di allevamento è quello a cordone speronato bilaterale. La degustazione Sangiovese per la maggior parte, un po' di Canaiolo e pochissimo Colorino. Ho ancora in mente le piacevoli conversazioni scambiate in fiera con Marco quando, raccolti i pensieri e creata la giusta atmosfera, mi accingo all’analisi di questo “Frasi” 2010 DOC per cercare di interpretare quello che esprime attraverso le sue proprietà. Un carattere ben definito fin dall’inizio, posso dire, un rosso rubino brillante a cui si accompagnano finezza, eleganza e complessità percepite al naso. Sentori intensi, frutti rossi scuri, more, ciliegie marasche, seguiti da una scia di terziari con in punta tabacco e vaniglia e un finale dettato da una delicata speziatura. Il sorso conferma sia la piacevole finezza che l’intensità, è caldo ma ciò che mi sorprende è una freschezza inaspettata, supportata da una buona sapidità e ben controbilanciata da una morbidezza tannica compatta che non sovrasta. La persistenza è prolungata e demarca l’equilibrio di questo rosso notevole. Poesia nella poesia. Come ogni degustazione in questo strano momento, anche l’abbinamento gastronomico nasce in casa: ho cucinato un gulasch con polenta, e il “Frasi” sulla mia tavola ne è il compagno ideale. Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!

Fattoria del Piccione

Vini e Cantine di Romagna: un focus sulla mia terra Fattoria del Piccione La cantina Quando ho ricevuto l’invito per una degustazione alla Fattoria del Piccione, a Montescudo - Monte Colombo di Rimini, l’ho colto con particolare piacere. Scoprire nuovi vini mi appassiona sempre, ma in questo caso ero molto curiosa anche di visitare la Cantina, inserita in uno scrigno storico di particolare rilievo e bellezza architettonica. Costruita dopo il 1881, quando il marchese Guglielmo Massani acquistò parte delle mura del castello malatestiano di San Savino (XV-XVI secolo), oggi include ancora una sezione del complesso storico conservata in ottimo stato dagli attuali titolari, la famiglia Pasini. , 22 anni e neo sommelier A.I.S., che ha ereditato il testimone dal nonno Vitaliano e dal padre Stefano, mi accoglie e mi fa da guida, mostrandomi per prime le imponenti botti in rovere che insieme alle barrique ospitano le riserve e i grandi rossi da invecchiamento al piano terra. L’atmosfera è idilliaca, anche grazie all’enorme finestra con vista sul cortile interno che lascia atterrare i raggi di sole sull’originario pavimento di terracotta. Per visitare la grotta, scendiamo la scala a chiocciola ricavata nelle mura originarie dell’antico fossato. Cinque metri sotto terra, con maestose volte di mattoni, qui si trovano i grandi vasi vinari in cemento con interni vetrificati per le uve biologiche. A dominare la sala c’è il maestoso torrione d'angolo medievale, che attraversa tutti i piani della struttura. La conversazione vira sul protagonista principale, il "Villa Massani - Colli di Rimini DOC Rebola", un bianco ricavato dal Grechetto gentile (antico vitigno autoctono presente nel riminese da diversi secoli) e appena insignito della prestigiosa Menzione di Eccellenza 2020/2021 da parte di Emilia Romagna da Bere e da mangiare. "È un vino che nasce in simbiosi con il territorio, vuole rappresentarlo e per noi ne rispecchia la bellezza", mi dice Andrea. Il vigneto è di soli 7.000 mq per 2.500 bottiglie all’anno, e la vinificazione, volutamente limitata, nel 2019 è stata per la prima volta in purezza con lieviti indigeni e certificazioni bio. La degustazione Alzando i calici emerge la sorprendente luminosità del giallo dorato di questo Rebola, brillante e di buona consistenza. Il percorso olfattivo è fine e intenso, con una complessità e una presenza aromatica così ampie da catturare totalmente la mia riflessione degustativa. I profumi arrivano decisi e netti, prima quelli floreali - ginestra, camomilla in fiore e glicine - poi i sentori fruttati a polpa gialla - pesca matura, ananas, maracujà. Al sorso il Rebola è caldo e morbido con i suoi 13,5°, rispecchia tutte le essenze percepite, ed è supportato e ben bilanciato da freschezza sorprendente e sapidità. Al palato riflette l’intensità iniziale, mentre in chiusura denota una buona persistenza che mi convince a classificarlo come vino equilibrato e armonico. L’abbinamento suggerito è un gustoso piatto di paccheri con dentice, a rinforzare quel legame tra terra di Rimini e mare, suggerito dalla nota salina di questo bianco, è il caso di dirlo, davvero “eccellente”. Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!

Villa Otto Lune

Vini e Cantine di Romagna: un focus sulla mia terra Villa Otto Lune La cantina “Il momento è delicato”. Così intitolava uno dei suoi romanzi Niccolò Ammaniti qualche anno fa, ma il momento è anche propizio per constatare che a volte non è necessario visitare luoghi lontani per scoprire vini particolari e interessanti. La visita a Villa Otto Lune, sulle colline riminesi nell’area di San Martino in Venti, a due passi da Covignano, ne è testimonianza. La Cantina è saldamente nelle mani di Matteo Dini, un giovane sommelier che ha traghettato l’azienda di famiglia nel terzo millennio con dinamismo, preparazione scientifica ed entusiasmo, e con la collaborazione di Fabrizio Montard, consulente agronomo ed enologo. L’ obiettivo di Matteo è produrre esclusivamente un Sangiovese in purezza che rispecchi il più possibile l’identità territoriale della Romagna. La conversazione con Matteo è brillante, mi racconta del suo "Marnoso", il rosso che trae il nome dalle argille sedimentate in questi terreni. Il vigneto si trova su un singolo crinale (2 ettari circa) con alta densità d’impianto e rese basse per pianta. Attenzione e cura garantite da una raccolta manuale permettono una produzione annua che si attesta sulle 8.000 bottiglie. In cantina passo in rassegna le botti di rovere dove il "Marnoso" matura per 12 mesi, prima di passare in bottiglia per affinare altri 6 e venire commercializzato a 24 mesi dalla vendemmia. La degustazione “Basta parlare, è ora di assaggiare!” è l’invito di Matteo a cui non mi sottraggo. Il "Marnoso" scende lentamente e riveste i nostri calici di un rosso rubino ben definito. Lo avvicino al naso: è intenso, persistente e di qualità fine; le percezioni aromatiche predominanti sono note di sottobosco, frutti a bacca rossa, cassis, amarena, e sul finale mi sorprendono una fragranza speziata e dolce insieme a note mediterranee. Brindiamo e via il primo sorso. È secco, sapido, caldo con un ingresso tannico deciso. Lascio decantare e torno al racconto di Matteo e dei suoi studi per affinare il gusto. Al nuovo giro di calice il vino è più morbido e fresco, a bilanciare il tannino. Buona la persistenza. È senz’altro un rosso elegante, di qualità notevole ma che vivrà la sua massima espressione negli anni a venire, prospettiva che Matteo condivide. L’abbinamento che, quasi intuitivamente, mi sovviene è con una carne alla griglia. Per dargli nome e cognome vedrei in modo perfetto un piatto degustato poco tempo fa al ristorante del 𝐂𝐚𝐬𝐭𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐢 𝐀𝐥𝐛𝐞𝐫𝐞𝐭𝐨 - Montescudo (RN) : un "Segreto di suinetto iberico al barbecue e verdure sotto cenere con ristretto di timo al limone", a firma dello chef Simone Ricci. Anche Matteo si incuriosisce e, sulla promessa di far presto un salto a Montescudo per testare l’accoppiata Segreto-Marnoso, ci salutiamo vuotando i calici. Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!

Greco di Bianco – Cantine Vintripode

Greco di Bianco - Cantine Vintripode: eccellenza di Calabria Greco di Bianco Dalla mia cantina, dove serbo ricordi e bottiglie da scoprire, oggi mi dedico a un nobile vino da dessert. Il Greco di Bianco che ho scelto di aprire ha origini antichissime in Calabria, terra in cui approdò nel VII secolo a.C., quando coloni greci (da qui il nome) ne impiantarono i primi tralci. Ho acquistato queste due bottiglie oltre 15 anni fa durante una fiera che fu anche l’occasione per conoscere il signor Ignazio (scomparso nel 2017), titolare della Cantina Vintripodi di Archi a Reggio Calabria. Ricordo ancora le sue parole, pervase di orgoglio per la sua azienda, per la storia della Cantina e per i vini prodotti. Il "Greco di Bianco Doc" è tra i vini più prestigiosi prodotti in Italia. È un vino bianco da dessert le cui uve (Greco Bianco), in fase di lavorazione, vengono lasciate parzialmente essiccare prima di essere pigiate e fermentate, per concentrare gli zuccheri naturali nei mosti aumentando il grado alcolico finale. La degustazione di un vino raro e famoso Nella fase di stappatura mi si presenta un tappo fragile, con rotture in più parti, e versando il vino noto un colore ambrato tendente al cupo, di buona consistenza ma non troppo limpido e con presenza di residui che dopo qualche istante si depositano sul fondo. A livello olfattivo riesce a emozionare e a dare il meglio di sé. È intenso, complesso e fine, i profumi sono ampi e ammalianti, di frutta secca e candita, miele, confettura di albicocche e fichi caramellati. Al palato già il primo sorso è caldo, delicatamente abboccato, abbastanza morbido, con solo parziali richiami ai profumi percepiti al naso, con una persistenza aromatica che non si prolunga come dovrebbe... Nel complesso è apprezzabile, nonostante i molti anni trascorsi e un tappo che non ha sigillato adeguatamente. Abbinamento equilibrato con dolci a base di mandorla, anche se io ho scelto una fragrante crostata di albicocche. “Greco di Bianco Doc” 2003 (14,5%) Vino bianco da dessert Cantina Vintripodi - Vini di Calabria Reggio Calabria Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!

Cantina Sant’Andrea

Cantina Sant'Andrea Terracina Moscato di Terracina Doc 2013 Ho conosciuto al Vinitaly (qualche anno fa) i proprietari di questa grande cantina consolidata; in quella occasione abbiamo parlato un pò di tutta la realtà vinicola che li rappresenta e della loro ampia selezione di vini. Da allora mi è rimasto il desiderio di fargli visita.... Oggi ho voluto ricordare i loro vini degustando nuovamente il loro particolare "Moscato di Terracina". Un vino con carattistiche uniche e particolari. La posizione geografica è quella del Parco Monumentale di Campo Soriano. Molto interessante l'aspetto ampelografico infatti il terreno dove sono posizionate le vigne per la produzione del moscato è particolare perchè composto da argille rosse il cui colore è dato dalla presenza di ossidi di ferro. Elemento predominante nell'esposizione è costituita dalla presenza costante della brezza marina, le vigne a guyot sono situate dai 350 ai 450 slm. Vemdemmia diversificata in periodi differenti: Il 25% delle uve si raccoglie a metà Settembre (un pò in anticipo sulla completa maturazione) per ottenere una buona acidità, un 50% a fine settembre e il restante 25% si lascia in pianta fino al 15 Ottobre. Vinificazione attenta e rigorosa Si inizia con una delicata diraspatura delle uve, segue la macerazione a freddo per 6/8 giorni durante la quale si avvia anche la fermentazione che avviene con lieviti indigeni. Successivamente soffice pigiatura e lenta fermentazione a temperatura controllata 16°/18°. Le uve si vinificano separatamente e i tre vini che si ottengono vwngono poi uniti per dar vita a questo Moscato unico e speciale. Una volta imbottigliato viene fatto affinare per circa 6 mesi prima della commercializzazione. Degustazione in cantina Roteando il calice spicca un bellissimo colore giallo paglierino carico con riflessi dorati, brillante. Il mio olfatto trovo lo spunto ad un ampio campionario di sentori, è totalmente catturato da profumi intensi e netti, di una grande complessità e finezza; arrivano per prima l'albicocca, frutti tropicale, a polpa gialla, poi la ginestra e la rosa appasita, a seguire spiccate note minerali con intervalli salmastri. Al palato il sorso si presenta ricco, pieno, caldo, di grande struttura, nonostante sia un 2013 ha mantenuto una buona acidità si riflettono i profumi percepiti al naso. Il finale è strepitoso caratterizzato dalla piacevole e lunga persistenza, che dirvi amici è un "grande moscato" che trova un buon abbinamento a formaggi stagionati ed erborinati ma anche da meditazione!!!! Voi lo conoscete? Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!

Maison “Le Jas Des Papes”

Maison "Le Jas Des Papes": una cantina di nicchia situata in uno dei luoghi francesi più rinomati al mondo per i suoi vini. Parlerò del suo Châteauneuf-du-Pape! La MAISON "LE JAS DES PAPES" è situata nella tipica città di Courthézon, nel dipartimento di Vaucluse in Provenza. Questa zona è fortemente rinomata per la ricchezza dei terreni adibiti per la coltivazione dei vitigni riconosciuti dal disciplinare AOC del famoso vino francese Châteauneuf-du-Pape. Nel 2014 Mounsier Michel Audibert acquistò la Maison spinto dal desiderio di mantenere vivo l’impegno che da ben cinque generazioni si tramandano: storica esperienza vinicola nel rispetto della tradizione del territorio. Le vigne vecchie si estendono per circa 10 ettari nella denominazione Châteauneuf-du-Pape. Il terreno si presenta con un alternanza sabbioso e di ciottoli rotondi e si coltivano prevalentemente vitigni quali Grenaches, Cinsault e Syrah. Degustando in cantina... Châteauneuf-du-Pape. Anno 2015 -14% Grenache 80% - Syrah 20% - ottenuto da vigne di 40 anni. La resa è di 25 hl/ ha, in fase di lavorazione la macerazione è lunga, estrazione mediante follature soffici all’inizio della fermentazione, filtrazione leggera. Affinamento per 12 mesi in botti francesi. Disponibili solo 9.000 bottiglie all’anno. Nel calice si presenta con un bel colore rosso rubino che vira leggermente al granato, brillante. Questo vino emoziona, al naso è intenso, complesso e di qualità fine. Primeggiano sentori di frutti di bosco quali more, ciliegia nera per arrivare ad uno speziato di origano e olive nere. Già al primo sorso è secco, caldo , morbido, buona la sua freschezza, la trama dei tannini è presente ma non sovrasta, presenta una eleganza indiscussa. Immaginavo una maggiore persistenza che sul finale arriva un po' corta. In abbinamento cacciagione quale lepre in umido, oppure manzo brasato. Io ho scelto quaglie ripiene con erbe aromatiche. Che bontà! 1931 Chemin des Saintes-Vierges, 84350 Courthézon. info@lejasdespapes.com Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!

DOMAINE GENTILE, LO SPIRITO DELLA CORSICA

Domaine Gentile, lo spirito della Corsica Un Terroir, des Hommes, un Domaine, des Grands Vins: il motto dell’azienda enologica, che racchiude lo spirito di un’intera isola, sublima una filosofia di vita e di lavoro, in cui i Grandi Vini corsi portano con sé tracce di territorio, tradizioni e uomini.  La curiosità è femmina, si diceva un tempo. Ma la curiosità, a parer mio, è anche una delle forze più potenti e preziose da coltivare. Seguendola e accompagnandola con studi e passione, ho finalmente l’occasione di immergermi in una realtà, territoriale e culturale ancor prima che vinicola, di grande fascino: la Corsica.  Il “la” mi arriva da una Cantina storica e prestigiosa, il Domaine Gentile, a pochi chilometri da Bastia, con i suoi vitigni autoctoni e alcuni vini di rara eccellenza. Ma prima di entrare in azienda, serve una premessa.  Grande fascino, dicevo, quello della Corsica. Un’isola che sento di definire “un mondo a sé”, un’unione di contrasti, un angolo di Europa come non se ne trovano: mare e montagna, sole e vento, sabbia e rocce hanno scolpito un paesaggio aspro e seducente, che si svela solo a chi persevera nella ricerca degli scorci più isolati. Le torri dei genovesi scrutano ancora l’acqua del Mediterraneo, come a fare la guardia e ad accogliere visitatori e viaggiatori, chi viene per il riposo, chi per fare trekking tra pascoli e foreste o scalare pareti scoscese, chi s’insinua fra musei, chiese romaniche e barocche, o dimore prestigiose, come la casa natale di Napoleone Bonaparte. Il Domaine Gentile si trova nei pressi del Golfo di Saint Florent, alla base del celebre Capo Corso, ulteriore mondo a sé, per tradizioni e condizioni territoriali, all’interno dell’isola. Territorio e terroir In Corsica, la vite è presente da tempi antichi e, per restare alle particolarità nelle particolarità, Patrimonio, la zona di produzione, è un’entità peculiare del suolo corso, costituita da terreni argilloso-calcarei e da un rilievo irregolare. Elementi che, uniti a un clima di tipo mediterraneo, con ampie escursioni termiche tra giorno e notte (e a una serie di microclimi locali che condizionano in varia misura le diverse aree), hanno un notevole influsso sui vitigni dell’isola. Le vigne del Domaine si estendono su circa 30 ettari, tra i 100 e i 200 metri sopra il livello del mare, con pendii prevalentemente esposti a sud/sud-est. La coltivazione è biologica, la potatura corta per avere una resa bassa, e quindi una qualità ottimale, e le vendemmie manuali: non è difficile intuire quanto la tradizione, l’artigianalità e la passione sostengano il lavoro della famiglia Gentile per assicurare un equilibrio costante all’ambiente e un rispetto della terra e degli uomini che la abitano e la lavorano. Cantina 1970. Il Domaine Gentile nasce dalla testa e dalle mani di Dominique e Viviane Gentile, nel cuore delle Appellation Patrimonio e Muscat du Cap-Corse. Gli inizi, tuttavia, non sono facili: i coniugi sono figlio e figlia di viticoltore ma decidono di partire da zero, seguendo passo dopo passo lo sviluppo dei vigneti, della Cantina e della commercializzazione. Dominique Gentile sceglie di seguire regole severe, bilanciando “savoir faire”, “savoir vivre” e “savoir être”, da un lato accogliendo le novità in una certa misura, e dall’altro continuando la difesa delle lezioni ricevute dal passato.  1994. Jean-Paul, il figlio maggiore, entra in azienda dopo essere diventato ingegnere enologo. La sua personalità non tarda a emergere assicurando all’opera iniziata da Dominique una consona eredità in ogni aspetto, da quello tecnico a quello valoriale. Oggi Jean-Paul è riconosciuto tra coloro che sono stati in grado di tramandare con professionalità ed etica la nobile lotta di una viticoltura corsa identitaria e di qualità. È anche grazie a lui, e al rispetto della terra, delle vigne, degli uomini e della tipicità dei vitigni corsi e autoctoni del territorio, se la dimensione locale del Domaine ha ormai acquisito un respiro nazionale e internazionale, riconosciuto anche da numerosi premi. Autenticità e tradizione non significano però poca attenzione alle tecniche e alle innovazioni in grado di migliorare, se associate ai precetti del “know-how” antico, i vini della casa. Come ci raccontano le pagine del sito del Domain Gentile, qui si trovano “una cantina sotterranea e climatizzata con una temperatura e un igrometria costanti... una tavola di smistamento [per la selezione manuale, nda], botti di macerazione rotative, pressa pneumatica, fermentazione termo-regolata”. Che dire? Un fantastico connubio di passato e futuro, per un presente luminoso.                                                                . Vitigni autoctoni e vini Tre sono i vitigni autoctoni alla base delle produzioni della Cantina: Niellucciu, Malvoisie, Muscat Petit Grains. Il Niellucciu, vitigno nobile in grado di regalare vini rossi, corposi ed equilibrati, e rosati freschi, fini ed eleganti cresce su un’estensione di circa 17 ettari, e le bottiglie di vino rosso prodotto sono circa 51000 (di cui 9500 bottiglie di Grande Expression). Insieme allo Sciacarello, è uno dei due vitigni a bacca nera più diffusi in Corsica, ma quest’ultimo si trova per lo più nella regione meridionale. Anche la Malvoisie appartiene al patrimonio ampelografico della Corsica ed è uno dei grandi vitigni francesi. Produce vini bianchi secchi ed equilibrati per l’invecchiamento. I vini prodotti dall’azienda sono: il Rosso Patrimonio (100% vitigno Niellucciu), il Rosso Grande Expression e il Rosso I Sensi; il Rosato (100% vitigno Niellucciu); il Bianco Patrimonio (100% vitigno Malvoisie), il Bianco Grande Expression; il Moscato (100% vitigno Muscat Petits Grains), il Moscato AOP Muscat du Cap Corse, il Muscat VDL Cuvée Tradition e il Muscat VND Cuvée Authentica; il Rappu (Muscat Petits Grains e Niellucciu); il Vindemia d’Oru (vitigno Muscat Petits Grains, raccolto quando gli acini sono a sovramaturazione). Il Domaine Gentile produce anche un Moscato secco. Le tre degustazioni Muscat du Cap Corse AOP 2007 (16%) Fiore all’occhiello della produzione della Cantina, il Muscat Petits Grains è il vitigno utilizzato per produrre i Muscats, vini bianchi dolci dal profilo aromatico ideale per l’invecchiamento. Questo Muscat du

A cena dentro le mura del Castello di Albereto

Appunti gourmet: a cena dentro le mura del Castello di Albereto Vicino a Rimini, se si è alla ricerca di un posto fuori dal comune per andare a cena e vivere un’esperienza multisensoriale e piacevole, il mio suggerimento, che è anche un caldo invito, è di prenotare al ristorante nel bellissimo Castello di Albereto Il top per una cena romantica, ma anche per una sera informale o un lieto momento di condivisione con amici: in estate questo luogo gode di uno scenario senza eguali: cenando in giardino si può osservare un panorama mozzafiato, soprattutto se arrivate prima del tramonto e poi fino a notte piena, abbracciando con un solo sguardo l’Adriatico e le inconfondibili cime di San Marino. Accomodandomi al tavolo ho subito percepito la sensazione confortevole di essere avvolta dalle mure antiche del castello, in un ambiente simil-provenzale, con un arredo molto curato ed elegante dove il ciottolame a terra e la roccia delle bordure del terrazzo panoramico sono esaltate da luci soffuse di abatjour originali e nell’aria un sottofondo di musica “Smooth jazz”. Superato il primo positivo impatto, vengo accolta dal personale, molto gentile ed attento, e sto per dare inizio alla prova della cucina: cosa mi aspetterà? Menù mirato che unisce proposte di terra e di mare: fusioni di alchimie gusto-olfattive-visive. Il menù è stato studiato con molta ricercatezza e mi informano che seguono la stagionalità e privilegiano la freschezza delle materie prime. Nelle singole ricette ogni elemento trova la giusta collocazione ed in modo calibrato: non si vuole esagerare, e almeno per quanto riguarda la mia degustazione, non si eccede nella sperimentazione ma si propongono accostamenti elaborati a regola d’arte con materie prima di eccellenza. Con piacere ho notato un approccio solido al territorio, in primis la selezione dei rinomati salumi della “Norcineria Celli” di Novafeltria, già da me sperimentati in passato (spoiler: a breve proseguirò con i loro particolari formaggi..) Il protagonista del periodo Il tartufo nero che è presente sia nei primi piatti che nei secondi; però quello che mi ha sorpreso, dove la creatività dello Chef Simone Ricci secondo me ha raggiunto la punta massima è nel piatto "fusion", che mi sono ripromessa di provare la prossima volta; consiste nel mettere insieme i "Passatelli" della nostra Romagna con la zuppa Ramen in puro stile giapponese e frutti di mare; il profumo proveniente dal tavolo accanto era davvero interessante, ed i commenti entusiastici! La mia scelta è caduta sul Risotto e Parmigiana: melanzane, pomodoro fresco, mozzarella, basilico e parmigiano; tutti gli ingredienti di una parmigiana si legano meravigliosamente con l’inimitabile riso Carnaroli di Riserva San Massimo: un gusto rotondo che riesce molto bene ad amalgamare i singoli ingredienti, e poi la cottura perfetta del riso, dovete assolutamente provarlo. Come secondo piatto la scelta cade sul Manzo scottato, fichi al the nero, aceto balsamico e pecorino di fossa. Si tratta di controfiletto di manzo scottato alla piastra per pochi secondi, pecorino di fossa fondente, fichi secchi cotti nel the nero e glassati aceto balsamico. Al palato è delicato , posso confermare che tutti gli elementi di entrambi i piatti si fondono armoniosamente. In abbinamento un Franciacorta Cavalleri Blanc de Blancs 2014, ed un mio personale complimento per la carta dei vini…. Ringrazio tutto lo staff composto da giovani volenterosi, preparati e professionali, che offrono un servizio impeccabile dall’inizio alla fine: un’esperienza sensoriale completa, un ambiente stupendo e curato, per vivere una serata d ricordare. Ti è piaciuto l’articolo? Puoi iscriverti al servizio di notifica o lasciare un commento!